Il Presidente Sergio Mattarella ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale i Consiglieri del CGIE. Erano presenti il Sottosegretario Giorgio Silli e il Segretario Generale della Farnensia Amb. Riccardo Guariglia. Gli interventi della Segretaria generale del CGIE Maria Chiara Prodi e del Capo dello Stato.
Signor Presidente della Repubblica,
Desidero ringraziala a nome del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero per questo prezioso incontro.
Qui davanti a Lei, Signor Presidente, ha sessantatré persone in rappresentanza del mondo intero.
Un mondo in cui l’Italia è protagonista, è costruttrice di futuro, è immagine operosa di quella italicità che riconosce a chi ama l’Italia una capacità di apertura, uno stile nel creare le relazioni, che è la nostra risorsa più importante e più invidiata.
Signor Presidente, non mi dilungherò sulle caratteristiche della nostra emigrazione, sulla sua diversità e sulle sue potenzialità, perché Lei, grazie alla Sua esperienza, le conosce meglio di chiunque altro.
Le parlerò invece di come noi, rappresentanti delle comunità italiane all’estero, siamo, oggi, nella trincea più importante di tutte, quella della democrazia e della partecipazione. Di come noi, italiani nel mondo, possiamo essere l’antidoto naturale ai venti di guerra e di divisioni che soffiano sul nostro presente. Di come noi, assieme a milioni di italiani e italodiscendenti, siamo attraversati in questi giorni da due domande cruciali: cosa fa di noi degli italiani? Cosa vuole, l’Italia, per il suo futuro?
In tanti vogliono farci credere che la democrazia e la partecipazione siano ormai parole in via d’estinzione, che dobbiamo rassegnarci ad un mondo individualista e condannato alla sterilità di differenze che non trovano forme di dialogo. Che la Politica, intesa come arte di organizzare la speranza, sia morta.
Ma qui davanti a Lei ci sono i sessantatré Consiglieri della quinta consiliatura del CGIE, impegnati in un percorso di lavoro collegiale, determinati a dimostrare che è possibile sentirsi parte di una comunità nazionale, quale che sia il proprio indirizzo di residenza o il proprio orientamento politico. Nei prossimi giorni offriremo al Paese la sintesi del lavoro delle comunità italiane nel mondo su tre temi che abbiamo identificato come prioritari: legge di cittadinanza, messa in sicurezza del voto all’estero, incentivi di rientro in Italia.
Sono grandi temi di attualità, attorno ai quali si condensano tensioni e attese, e che gli italiani nel mondo vogliono affrontare da protagonisti.
Ma la nostra forza è anche nel silenzioso e perseverante lavoro di tutti i giorni, che ci vede impegnati con i duemila componenti dei 118 Comitati degli italiani all’estero. Operiamo tutti in maniera volontaria, per affiancare ciascun connazionale che si trova a compiere un percorso di emigrazione. Mettendo in rete gli emigranti li aiutiamo a fare comunità; ascoltandoli e cercando soluzioni comuni miglioriamo le loro relazioni col nostro Paese, proponendo strategie per mettere in valore il loro potenziale ci qualifichiamo come attori chiave del sistema Italia e del suo futuro.
Signor Presidente, gli italiani all’estero sono ormai più del dieci per cento della popolazione nazionale: la nostra più ferrea determinazione deve poter contare sull’applicazione completa delle nostre leggi istitutive, giustamente prese a modello da altri paesi per il pieno coinvolgimento delle proprie diaspore.
Abbiamo bisogno dei mezzi operativi, strategici e programmatori perché la scommessa della partecipazione e della democrazia si possa vincere. Abbiamo bisogno che il principio di sussidiarietà, inscritto in Costituzione, si rafforzi grazie ad uno sguardo rinnovato, in cui creatività dei cittadini, capacità della rappresentanza, volontà dello Stato e innovazione tecnologica possano incontarsi per dare risposte ai bisogni concreti dei connazionali in emigrazione, che chiedono servizi, chiedono di non essere soli nell’accompagnare i propri figli, tramite la trasmissione della lingua e della cultura, verso la piena partecipazione alla comunità civile cui appartengono di diritto, chiedono modalità concrete per dare un proprio contributo, al di là della retorica.
Questo deve essere il nostro obiettivo e siamo pronti a fare la nostra parte.
Ho avuto il grande onore di assistere dal vivo al suo storico discorso di Marsiglia, dal quale estrapolo due frasi: “Le scelte di multilateralismo e solidarietà di oggi determineranno la qualità del vostro domani”. “Soltanto insieme, come comunità globale, possiamo sperare di costruire un avvenire prospero, ispirato a equità e stabilità.” Queste frasi paiono scritte per noi. Oggi la metà degli italiani che emigrano fondano famiglie con persone straniere, le nostre comunità all’estero sono esempi formidabili di integrazione e di contributi alla comunità civile, produttiva, accademica locale. Con la nostra testimonianza in patria, rendiamo “prossime” tutte le latitudini, rendiamo concreta, e italofona, questa comunità globale che crea ponti, non muri, che vede, nella bellezza e nella storia del nostro paese, un’infinità di opportunità di incontro con il diverso da sé.
Dare risalto alla comunità italiana fuori dall’Italia è, quindi, una scelta per la pace.
Signor Presidente, in questo scenario di sfide ed opportunità, si è inserita la nuova legge sulla cittadinanza, le cui modalità radicali e repentine hanno interrotto il percorso condiviso di riflessione che stavamo portando avanti, sintetizzato nell’espressione “cittadinanza consapevole”. Se la necessità di una riforma era sentita, lo spaesamento che oggi attraversano le comunità è grande. Su un piano generale, esso riflette il bisogno di comprensione riguardo la visione d’insieme di questo provvedimento, che stenta a superare un argomentario legato a contingenze e ribalta la prospettiva sulle doppie cittadinanze, storicamente vissute come un valore. Su un piano personale, esso riflette l’urgenza di valutare l’impatto di questo cambiamento nella propria vita, in quella dei propri cari: la molteplicità di casistiche introdotte dalla legge non lo facilita, sollevando anzi molti dubbi sull’uguaglianza del cittadino di fronte alla legge.
Nei prossimi giorni, nel contesto più alto del nostro Consiglio, l’Assemblea Plenaria, trasformeremo l’ampia consultazione della base in pareri che, lo ricordo, sono obbligatori e richiedono ragioni esplicite e motivate in caso non vengano seguiti.
Lo faremo con un atteggiamento sempre costruttivo, nel rispetto delle prerogative di ciascuno, ma anche col dovere di riferire a Lei e agli interlocutori istituzionali che incontreremo che questo provvedimento è stato vissuto come una ferita profonda da italiani all’estero e italodiscendenti, come uno scollamento, una frattura. Poche cose toccano nel profondo come il senso di appartenenza. In fondo milioni di persone si stanno chiedendo: dall’Italia, io e i miei figli, siamo accolti o rifiutati?
Nel 2019 il Consiglio Generale ha avuto l’onore di portare nella sua Palermo 115 ragazzi italiani da tutto il mondo. Seconde e terze generazioni, o nuovi emigranti: per loro era chiaro cosa voleva dire essere italiani: vogliamo ripartire dal loro sguardo di futuro, e riesaminare in maniera aperta questa riforma?
Questa sera le comunità italiane nel mondo si presentano al loro Presidente, con la certezza che un vero protagonismo della nostra diaspora possa cambiare il corso della Storia; con la speranza e la determinazione che proprio dalle nostre comunità riparta un impegno all’altezza delle sfide dell’Italia e del mondo; con la fiducia di essere da Lei compresi e sostenuti.