In occasione della XVI edizione della Giornata del Contemporaneo, un’iniziativa promossa annualmente dall’Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani (AMACI) e dal Ministero degli Affari Esteri in collaborazione con il Mibact, l’Istituto Italiano di Cultura di Rio de Janeiro, in partnership con il Museo Nazionale di Belle Arti di Rio de Janeiro, organizza venerdì 11 dicembre 2020, alle 17:00, l’incontro online dal vivo “Telefono senza fili, 2020”,con l’artista italiana Alice Visentin, recentemente premiata dal Ministero della Cultura Italiano, e l’artista italo-brasiliano Gianguido Bonfanti.
L’opera di Alice è stata selezionata nell’ambito del Premio “AccadeMibact’ e un’opera pittorica dell’artista “50 People That I Know” fa parte della mostra “Domani Qui Oggi”, della Quadriennale di Roma, inaugurata il 30 ottobre 2020 al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
In questo momento storico contrassegnato da una distanza fisica e sociale è naturale domandarsi su come sia possibile veicolare al meglio l’esperienza di un’opera d’arte, offrendo ancora occasioni di contatto fra spettatori e artisti. Per tradurre questa incertezza in un’opportunità di sperimentazione, l’Istituto di Cultura di Rio de Janeiro organizza due eventi complementari, entrambi dedicati a raccontare la ricerca dell’artista italiana Alice Visentin (Ciriè, 1993) attraverso forme alternative di mediazione culturale.
“Il mondo dei racconti orali permette la creazione di narrazioni e immaginazioni fertili”, racconta l’artista, “non è come un testo scritto in cui puoi fermarti, tornare indietro e rileggere. La narrazione orale si intreccia con le sensazioni del narratore e dell’uditore di quel preciso istante. Si intreccia con le stanze e i profumi in cui quel racconto viene raccontato, ed è così che l’immaginazione crea sfaccettature nuove e diverse. Crea nuovi passati che, credo, abbiano valore tanto quanto quelli sigillati come autentici.”
In occasione della 16esima Giornata del Contemporaneo, l’11 dicembre 2020, una conversazione fra Alice Visentin e Guido Bonfanti, trasmessa in streaming dai luoghi di lavoro dell’artista sarà dunque l’occasione per osservare i differenti livelli di lettura che circondano un’opera d’arte, attraverso la complicità dei molteplici punti di vista coinvolti: l’artista, la telecamera, l’intervistatore, i dipinti, il pubblico.
“Come fosse una trasmissione televisiva”, continua l’artista, “mi immagino che l’intervista si svolga su di un set intelligente, fatto di disegni e quadri dove la conduttrice, la sottoscritta, va a schiacciare degli ‘hot-spot’ per aprire narrazioni (forse inventate o forse vere) che mi sono arrivate tramite il ‘telefono senza fili’ dei nostri racconti orali. Non voglio che l’inaccessibilità temporanea di alcuni paesi mi faccia perdere la vera anima di ciò che è umano – racconta Alice. “Voglio quindi costruire dei corpi pieni di riferimenti che, come dei grandi libri degli appunti, ci raccontino quello che mi è arrivato alla fine di questo lunghissimo telefono senza fili. Un telefono che viaggia con racconti e storie sparse nel tempo e nello spazio ma che tutte partono dal Brasile e arrivano in Italia, alle mie orecchie. Alcune viaggiano per telefono, altre dal vivo, altre scritte e lette, altre ancora come immagini e parole.”
Il secondo momento, attraverso una proiezione in streaming, si concentra invece sul racconto dello studio dell’artista, ora protagonista nel film breve realizzato per l’occasione da Instudio (Davide Daninos, Elena D’Angelo e Jacopo Menzani). Instudio è una indagine analitica ed estetica dedicata interamente agli spazi di lavoro, materiali e immateriali, teorici e pratici, degli artisti in Italia. Costruito come un archivio online, Instudio nasce infatti dal desiderio di documentare e raccogliere in un unico luogo gli ambienti, spesso sconosciuti, che circondano gli artisti al lavoro. Attraverso le immagini filmate e le parole degli stessi artisti, Instudio traduce in un documento visivo l’esperienza privata della visita agli studi, filtrata attraverso la sensibilità e il punto di vista dei loro proprietari.
In questo senso le premesse del film di Instudio si uniscono ai desideri dell’artista, nel tentativo di rappresentare un’opera e una ricerca documentando i luoghi che ne condizionano la nascita, ricchi di indizi e suggerimenti che possano dare spazio a un incontro immateriale fra le sensibilità di artista e spettatori. Nelle parole della stessa Visentin: “I corpi pieni di riferimenti sono figure forate e dipinte, con inserti incollati ‘nei vuoti’. Quello che voglio è rendere visibile le immagini, le parole, i canti. Tutto quello che un essere umano accumula durante la vita ed in qualche modo è giunto fino a me.”
Alice Visentin nasce nel 1993 in un paese fuori Torino e negli anni approfondisce il dialogo con la nonna materna e le donne del paesino di montagna dove è solita passare lunghe vacanze. Queste relazioni hanno ispirato il suo lavoro, permettendole di affrontare la sua storia familiare, quella della sua comunità e di trarre una comprensione generale della forza delle comunità in generale. I riferimenti visivi presenti nelle sue opere quali cappelli, bastoni da passeggio e abiti lunghi sono tratti dalla cultura e dalla terra delle comunità montane delle sue origini. Questa esplorazione del proprio background culturale ha dato all’artista la possibilità di comprendere come la conoscenza venga prodotta attraverso rituali e storie orali e come questi processi conferiscano nuovi significati a oggetti e incontri. Alice Visentin oggi vive e lavora a Torino, dove ha studiato pittura all’Accademia Albertina. Nel 2015 ha fondato lo Spaziobuonasera con alcuni compagni di classe. Le sue opere sono state esposte in diverse mostre collettive: Monitor Gallery, Roma, 2019; Nevven Gallery, Göteborg, 2018; Basis Showroom, Francoforte, 2018; Cité Des Arts, Parigi, 2017; mostre personali, Il comizio, la merenda, il canto con Fondazione Elpis e Galleria Continua, Avise, Aosta, 2020, Tile Project Space, Milano, 2017. Nel corso del 2017 Alice è stata assistente dell’artista Anna Boghiguian. Nel settembre del 2019 ha partecipato al progetto “Per un rinnovamento immaginista del mondo. Il Congresso di Alba: 1956-2019”, curato da Carolyn Christov-Bakargiev e Caterina Molteni.
Gianguido Bonfanti è figlio del pittore Gianfranco Bonfanti. Ha studiato disegno sotto la guida dell’artista Poty Lazzarotto, tra il 1962 e il 1969. In questo stesso anno entra nella Facoltà di Architettura dell’Università Federale di Rio de Janeiro – UFRJ, e frequenta le belle arti al Winter Festival di Ouro Preto, nello stato di Minas Gerais. Nel 1971 va in Italia, dove trascorre due anni studiando all’Accademia di Belle Arti di Roma. Tornato in Brasile nel 1974, frequenta uno studio di incisione su metalli presso la Scuola d’Arte del Brasile, a Rio de Janeiro, sotto la guida di Marilia Rodrigues. Tra il 1976 e il 1979, esegue illustrazioni per le riviste Pasquim, Opinião, revista Ele & Ela, Jornal do Brasil e per il libro “Sangue, Papéis e Lágrimas”, di Doc Comparato. Questo periodo è anche caratterizzato da una profonda crisi esistenziale che ha raggiunto il picco nel 1978. Fino a questo momento, Bonfanti si rifiuta di fare uso del colore, semplicemente disegnando e registrando. Quattro anni dopo, tiene la sua prima mostra di dipinti e disegni colorati. Dagli anni 80 è professore di arte alla Scuola di Arti Visive del Parque Lage – EAV/Parque Lage, presso la Pontificia Università Cattolica di Rio de Janeiro – PUC/RJ, presso la Facoltà della Città e presso la Casa della Cultura “Laura Alvim” di Rio de Janeiro. Partecipa al Panorama dell’Arte Brasiliana Attuale, al Museo d’Arte Moderna di San Paolo – MAM/SP, nel 1974, 1977 e 1980; due edizioni del Salone Nazionale d’Arte Moderna – SNAM e tre edizioni del Salone Nazionale delle Belle Arti, a Rio de Janeiro, tra il 1974 e il 1981.